Una volta tanto La legge è uguale per tutti, anche per gli enti religiosi di Alessandro Nucara* Apprendiamo con pacata soddisfazione dalla stampa di questi giorni che il Governo si appresta a cancellare parte delle esenzioni fiscali concesse alla Chiesa. In particolare, la cosiddetta esenzione ICI a favore degli enti religiosi e delle ONLUS sarebbe stata abrogata attraverso il decreto sul federalismo fiscale municipale. Ci sono voluti più di quattro anni, varie denunce alla Commissione europea, due ricorsi al Tribunale dell’Unione Europea e, da ultimo, l’apertura di un’indagine formale da parte della Commissione per spingere il Governo a porre fine (almeno) a questo privilegio. C’è da chiedersi, tuttavia, come mai il Governo abbia proposto di abrogare l’esenzione ICI a partire dal 2014 e, soprattutto, c’è da chiedersi che fine faranno i benefici di cui gli enti religiosi e le ONLUS hanno goduto, godono e godranno per altri quattro anni. Di questo, immaginiamo, si occuperà la Commissione nell’ambito della sua indagine formale. Sgombriamo, qualora ancora ve ne fosse bisogno, il campo da un equivoco di fondo che spesso vizia le discussioni sul tema: le denunce presentate presso le istituzioni comunitarie non hanno mai riguardato le attività meramente assistenziali svolte dagli enti religiosi e dalle ONLUS. Esemplificando, si è solo chiesto che un albergo di proprietà di un ente religioso paghi le tasse esattamente come un qualsiasi altro albergo di proprietà di soggetti privati. Si è solo chiesto che a rispettare la normativa in materia di diritto della concorrenza siano tutti i soggetti che esercitano un’attività economica, non solo alcuni. Certo, in un Paese in cui spesso la legge non è uguale per tutti, questa richiesta a molti sarà sembrata "bizzarra". Nonostante questo il "drappello di mazziniani radicali" (per usare l’espressione utilizzata da Curzio Maltese in uno dei suoi articoli sull’argomento) è andato avanti, ottenendo l’apertura dell’indagine formale e la possibilità per tutte le parti interessate di fornire informazioni alla Commissione. Certo è che se la Commissione dovesse alla fine decidere di ordinare allo Stato italiano il recupero degli aiuti concessi (oltre agli interessi), il Ministro dell’Economia si troverebbe probabilmente con qualche miliardo di euro in più, da utilizzare per "alleggerire" le prossime finanziarie o, meglio, per proporre gli investimenti di cui il Paese ha tanto bisogno. In altre parole, a beneficiare di questo auspicato esito della procedura a livello europeo sarebbero tutti i contribuenti italiani. Coloro che, poi, vorranno continuare a sostenere le attività della Chiesa (ivi incluse le attività commerciali) potranno farlo liberamente tramite delle donazioni! Se è vero che, come prevede l’art. 7 della Costituzione della Repubblica Italiana, "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani", c’è da sperare che il Parlamento confermi la scelta del governo di abrogare l’esenzione ICI. Sarebbe questo il primo (piccolo ma) importante passo verso quell’indipendenza dello Stato necessaria ad attuare, ad un secolo e mezzo di distanza, il principio liberale della "libera Chiesa in libero Stato". A costo di apparire ripetitivi, ci piace concludere con le parole, già utilizzate su queste colonne, di Giuseppe Mazzini: "Libertà e Papa stanno in contraddizione (…) Parliamo ai preti in buona fede. Deponiamo ogni stimolo di passione, ogni vanità di difesa, e guardiamo attorno". Ancora una volta, dunque, niente pregiudizi o "ismi", ma solo l’imperativo morale di fare della laicità la nostra stella polare. *Avvocato |